La lenta processione di chi ha conosciuto Alberto Musy e si era augurato nel miracolo che si riavesse e potesse tornare alla vita di sempre – almeno fino alla notte di martedì scorso – , si è interrotta poco dopo le 9, 30, quando il picchetto d’onore formato dal sindaco – in fascia tricolore -, da Giovanni Maria Ferraris e dai consiglieri Barbara Cervetti e Silvio Magliano, s’è sciolto.
Palazzo Civico ha vissuto una mattinata insolita, avvolto in un’atmosfera paralizzata, tra il fruscio dei saluti sussurrati, i lucciconi e gli abbracci, tanti abbracci per una cerimonia che mai nessuno s’era immaginata, almeno fino a stamattina.
“Come è stato possibile? – si chiederà il sindaco nel suo ultimo saluto – Era un uomo di 46 anni che non conosceva spirito polemico, astio e asperità. Un esempio di rigore etico. Un marito, un avvocato, un padre adorabile che quella mattina aveva accompagnato con l’allegria che gli era solita le sue bambine a scuola. L’assassino le ha private per sempre delle sue carezze, di quel lessico intimo, affettuoso, che accompagna l’adolescenza, causando una profonda nostalgia”.
“Questa città – ha sottolineato Fassino – ha conosciuto in anni non troppo lontani la tragedia degli attentati, dei soprusi, degli atti di violenza, ma ha saputo debellare quel tempo oscuro con una grande mobilitazione della coscienza civica. Anche oggi non dobbiamo rassegnarci e conoscere la verità. Da questa dolorosissima tragedia in cui siamo precipitati occorre risalire. Ne va della civiltà, dell’orgoglio di questa città democratica, che ha sempre avuto la capacità di rispettare tutti. Continueremo a perseguire verità e giustizia e a batterci contro ogni forma di violenza”.
Il presidente della Sala Rossa Ferraris ha aperto la serie di saluti affettuosi, commossi, a Alberto Musy nell’ultima permanenza in Sala Rossa. Già alle otto e trenta c’erano in attesa decine di persone: per testimoniare il lutto, sfiorare con una carezza il feretro, pronunciare una preghiera, stringere le mani alla signora Angelica, farle coraggio, formulare le condoglianze alla sorella Antonella.
Davanti alla bara di legno chiaro, coperta con un cuscino di rose bianche e tralci d’edera si sono soffermate decine e decine di persone: amici ed esponenti della politica. Fra questi il presidente dell’Udc Casini e il leader Lorenzo Cesa.
Ferraris ha ricordato il padre e l’amico Musy. Poi hanno parlato gli amici consiglieri, da Michele Curto ad Alessandro Altamura. Di grande spessore emotivo entrambi gli interventi. Curto si è rivolto direttamente al collega, immaginandolo vivo: “Ci hai costretto a ragionare sulla nostra fragilità. Non avevi paura della radicalità. Ciao Alberto, ti sia leggera la terra”, concludendo così, la voce rotta dall’emozione, con la traduzione italiana della locuzione latina Sit tibi terra levis.
Altamura sì è appoggiato ad Hanna Arendt per sfogare il dolore, sottolineando “come la banalità del male, quella violenza inutile nascosta da un casco” abbia strappato un’amicizia che durava da trentacinque anni, distruggendo l’esistenza di un costruttore di ponti, di dialogo.
Dario Troiano, subentrato in Sala rossa nel ruolo di consigliere proprio in sostituzione di Musy, ha chiesto che il suo banco resti vuoto per tutta la consiliatura, affinché “ continuino a parlare le sue idee”. Per Pierferdinando Casini “ci sono momenti in cui si preferirebbe tacere, perché è accaduta una tragedia che costringe a pensare al senso della politica”. Ha poi lodato la compostezza della famiglia :”Ci arriva una prova straordinaria di come si può stare vicino al proprio amato con una misura e una dignità straordinaria. Solo chi ha fede può dare un senso a questa vicenda”. Un passo ripreso poi dal sindaco: “Siamo tutti siamo consapevoli del peso enorme della sofferenza che è caduto sulla famiglia di Alberto. In tutti questi 579 giorni abbiamo ammirato il rigore umano e civico con cui la Signora Angelica ha sopportato un dolore così pesante”.
Poi il corteo funebre ha lasciato il Municipio per la messa alla Chiesa della Consolata per poi raggiungere il cimitero di Costigliole d’Asti per la tumulazione.
Ott 28
Gen 02
Si è spenta a Roma nel penultimo giorno del 2012, all’età di 103 anni.
Rita Levi-Montalcini, “una piccola signora dalla volontà indomita e dal piglio di principessa”, come l’aveva definita Primo Levi, è tornata per l’ultima volta a Torino, sua città natale.
Premio Nobel per la medicina nel 1986 per la scoperta del fattore di accrescimento delle fibre nervose, Rita Levi-Montalcini è stata salutata quest’oggi da migliaia di torinesi e dalle autorità locali e nazionali presso il Cimitero Monumentale di Torino, dove riposerà nella tomba di famiglia.