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Set 06


Essere corpi in trasformazione sotto un cielo che implode, riflettere sulla mutazione dell’essere umano all’interno di ecologie complesse, a partire da concetti cari all’eco-femminismo e alla teoria degli affetti. La mostra collettiva Mutating bodies, imploding stars mette in dialogo opere che spaziano dalla pittura alla performance, dalla scultura alla video installazione, realizzate da Alex Baczynski-Jenkins (Polonia/Regno Unito/Germania), Egle Budvytyte (Lituania/Paesi Bassi), Guglielmo Castelli (Italia) e Raúl de Nieves (Messico/Stati Uniti): media diversi e prospettive originali per realizzare un accostamento tra umano e geologico, in una collisione tra tempo astronomico e tempo biologico.

Maggiori informazioni nelle pagine delle OGR

Lug 18


La mostra Dorothea Lange. Racconti di vita e lavoro, che si compone di 200 immagini ed è curata dal direttore artistico di CAMERA Walter Guadagnini e dalla curatrice Monica Poggi, presenta la carriera di Dorothea Lange (Hoboken, New Jersey, 1895 – San Francisco, 1965), autrice che è stata, come scrisse John Szarkowski, “per scelta un’osservatrice sociale e per istinto un’artista”.

Il percorso di mostra si concentra in particolare sugli anni Trenta e Quaranta, picco assoluto della sua attività, periodo nel quale documenta gli eventi epocali che hanno modificato l’assetto economico e sociale degli Stati Uniti. Fra il 1931 e il 1939, il Sud degli Stati Uniti viene infatti colpito da una grave siccità e da continue tempeste di sabbia, che mettono in ginocchio l’agricoltura dell’area, costringendo migliaia di persone a migrare. Dorothea Lange fa parte del gruppo di fotografi chiamati dalla Farm Security Administration (agenzia governativa incaricata di promuovere le politiche del New Deal) a documentare l’esodo dei lavoratori agricoli in cerca di un’occupazione nelle grandi piantagioni della Central Valley: Lange realizza migliaia di scatti, raccogliendo storie e racconti, riportati poi nelle dettagliate didascalie che completano le immagini.È in questo contesto che realizza il ritratto, passato alla storia, di una giovane madre disperata e stremata dalla povertà (Migrant Mother), che vive insieme ai sette figli in un accampamento di tende e auto dismesse.

Un altro nucleo di lavori esposto in mostra rivela, invece, una vicenda poco nota della storia del Novecento: i campi di detenzione della popolazione di origine giapponese negli Stati Uniti dopo l’attacco a Pearl Harbor (1941). Anche in questo caso, Lange lavora insieme ad altri autori – tra cui il grande paesaggista Ansel Adams – su incarico del governo americano, nonostante lei e il marito abbiano espresso pubblicamente il proprio dissenso nei confronti di questa misura. I suoi scatti documentano l’assurdità di una legge razziale e discriminatoria e di come questa abbia stravolto la vita di migliaia di persone ben inserite nella società, costringendole ad abbandonare le proprie case e le proprie attività. Lange, eccelsa ritrattista, riesce ancora una volta a raccontare il vissuto emotivo delle persone che incontra, sottolineando come le scelte politiche e le condizioni ambientali si ripercuotano sulla vita dei singoli. 

La crisi climatica, le migrazioni, le discriminazioni: nonostante ci separi quasi un secolo da queste immagini, i temi trattati da Dorothea Lange sono di assoluta attualità e forniscono spunti di riflessione e occasioni di dibattito sul presente, oltre a evidenziare una tappa imprescindibile della storia della fotografia del Novecento.

Per maggiori informazioni www.camera.to

 

Lug 07


La mostra di Mimmo Jodice Senza tempo a cura di Roberto Koch è il secondo capitolo del progetto “La Grande Fotografia Italiana”, avviato nel 2022 con la mostra di Lisetta Carmi. Questo progetto nasce con l’intento di realizzare un omaggio ai grandi maestri della fotografia del nostro paese. I progetti espositivi prevedono il coinvolgimento anche di un altro artista accanto all’autore scelto: in questo caso Mario Martone, celebre regista e autore, ha diretto e realizzato un filmato documentario sulla vita di Mimmo Jodice, suo amico e concittadino, che viene mostrato nelle sale espositive per la prima volta. Nato a Napoli nel 1934, Jodice si avvicina alla fotografia attratto dalla sua capacità di creare visioni. È un processo raffinato e intimo, che si nutre delle sue memorie personali, di un’esistenza vissuta in una città come Napoli, sfolgorante e segreta, fatta di luoghi e memorie da svelare e comprendere. In sintesi, alla capacità unica di Mimmo Jodice di mostrarci la realtà vista attraverso il filtro di un tempo diverso e sospeso, è dedicata la mostra.

Maggiori informazioni sul sito di Gallerie d’Italia