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Ott 27


Modernissima, benché l’idea risalga al 1959, già da qualche giorno ha cominciato a suscitare l’interesse di chi transita davanti alla storica stazione di Porta Susa. Tutti a chiedersi cosa sia quell’insolita scultura di acciaio nero: una sfera sospesa sopra una mezza sfera.
A pensarla fu Armando Testa, artista considerato il padre della moderna pubblicità italiana, un maestro nella comunicazione, curioso di tutto e capace di inventare nuovi linguaggi adottando via via i mezzi tecnologicamente più avanzati
“Mio padre amava stupire l’occhio, sorprendere il cuore, divertire la mente. E quasi sempre ci riusciva”, racconta il figlio Marco.
L’opera che oggi, in ricordo di quei giorni si chiama proprio Sintesi 59, sarebbe poi diventata simbolo di una illustre campagna di comunicazione, oggi esposta in vari musei del mondo: la réclame per il liquore Punt e Mes, che è sintesi massima di forma visiva e forma verbale.
“Il disegno era nato autonomo e solo successivamente Armando decise di farne uso in pubblicità – spiega la seconda moglie Gemma De Angelis Testa -. L’abbozzo per una sfera e mezzo era un appunto pittorico rimasto nel cassetto per molto tempo: poi ecco l’intuizione, ecco la definizione.”
Installata all’interno del paesaggio urbano, al centro di una piazza crocevia del traffico nel quale transitano ogni giorno migliaia di persone, torinesi e turisti, l’opera è perfetta per raccontare la creatività italiana e torinese a un pubblico amplissimo.
Di nuovo “un punto di dolce e mezzo di amaro” – come ben pubblicizzava nello slogan del prodotto – sarà pronto ad accogliere e a salutare, chi arriverà e poi, con un po’ di nostalgia, ripartirà da Torino, la città natale di Testa, a cui era legatissimo e dove lo si vedeva spesso passeggiare con il suo inconfondibile cappello.
“Ciau Turin, mi vadu via, vad luntan a travaié, ma darai la vida mia per pudei prest riturné. Ciao Torino, io vado via, vado lontano a lavorare, ma darei la vita mia per poter presto ritornare.”

[fonte: TorinoClick]

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Dic 17



Tra il 18 e il 20 dicembre di ottantotto anni fa le squadre fasciste trucidarono, secondo le fonti ufficiali, undici persone e ne ferirono trenta.
Quell’eccidio, ricordato come la Strage di Torino, si consumò in un mese tragico: alla fine di quel mese di dicembre si contarono molti morti in più.
Operai, sindacalisti, militanti di sinistra, comunisti. La strage “puntava a colpire un’idea di organizzazione popolare e operaia contraria al potere fascista”.
Sull’onda della marcia su Roma (ottobre 1922) il capoluogo piemontese è stato una delle città in cui il fascismo ha operato con durezza e violenza fin dal suo sorgere. Il 17 dicembre arrivarono a Torino molti gruppi di camicie nere provenienti da tutto il Nord Italia. Uno di questi la sera stessa aggredì un tranviere comunista, che nel tentativo di sfuggire all’assalto, uccise due fascisti. La rappresaglia scattò il 18 dicembre 1922.
Ebbe inizio con l’arrivo di una cinquantina di squadristi capitanate dal federale Pietro Brandimarte, all’interno della Camera del Lavoro di Torino, in corso Galileo Ferrarsi. Seguirono le incursioni al Circolo Comunista di Borgata Nizza e al Circolo dei Ferrovieri. Le ‘visite’ presso le abitazioni di comunisti noti, sindacalisti e la violenza nelle strade proseguono senza interruzioni fino al 20 dicembre.

In piazza XVIII Dicembre (Porta Susa) i martiri della Camera del Lavoro sono stati commemorati dalla Città vicino alla lapide che li ricorda.
Presenti il sindaco Sergio Chiamparino; Bruno Segre, presidente della Federazione provinciale torinese dell’ANPPIA (Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti) insieme alle altre autorità cittadine.

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