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Apr 05


Al Sacrario del Martinetto, uno dei luoghi simbolo della memoria della resistenza cittadina, si è svolta la cerimonia in ricordo degli otto componenti del primo Comitato militare regionale piemontese: Franco Balbis, Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Braccini, Errico Giachino, Eusebio Giambone, Massimo Montano e Giuseppe Perotti. Gli otto fucilati furono arrestati il 31 marzo del 1944 nei pressi del Duomo e all’interno della basilica. Il Comitato, creato sul finire del 1943 dal CLN regionale piemontese, fu quasi decimato. Alla celebrazione erano presenti i familiari delle vittime, le autorità civili e militari, le delegazioni delle associazioni ex combattentistiche e della Resistenza. Il Sindaco di Torino, Piero Fassino, ha tenuto l’orazione ufficiale. “Il 5 aprile non può essere dimenticato nella storia di questa di questa Città e del Paese. Siamo qui per rendere onore a chi non ebbe paura di combattere e fare una scelta coraggiosa in nome di valori e ideali che andavano al di là della propria esistenza. Questi uomini con il sacrificio della loro vita, combatterono per dare all’Italia libertà e democrazia e valori che da più di sessant’anni segnano la convivenza civile del nostro società. Non dimenticare è un dovere che consente a una nazione di avere la consapevolezza di ciò che è stata, della sua storia. Un Paese che non ha coscienza del suo passato, non ha il senso del presente, né ha la capacità di pensare. Il passare del tempo espone gli eventi al rischio dell’oblio, della dimenticanza e si rischia di smarrire la percezione di ciò che è avvenuto, del carico di sofferenze, di quanto è costato dare al Paese la liberta che per più di 20 anni la dittatura aveva soffocato. Va ricordato, invece, come un’intera nazione si sollevò contro l’occupazione e contro chi voleva riaffermare la dittatura: i partigiani, gli antifascisti che qui furono fucilati, i tanti che hanno combattuto e sono morti nelle nostre vallate, i cui resti riposano negli ossari e nei cimiteri dei nostri paesi; i trecento ebrei torinesi deportati nei campi di sterminio, molti dei quali non tornarono più dai qui luoghi di dolore e sofferenza. Ma, soprattutto, non dobbiamo dimenticare i valori scolpiti nella prima parte della Costituzione, che da quella lotta di liberazione e da quei sacrifici traggono alimento e forza, e abbiamo il dovere morale di contrastare i ricorrenti tentativi di riscrivere la storia e di negare l’olocausto, la resistenza. Il Novecento è stato attraversato da due guerre dall’olocausto, dalle dittature. Nonostante tutto ciò ‘Il ventre che ha partorito il mostro è sempre fecondo’ diceva Brecht. Basta guardare intorno per vedere in quanti luoghi e in quante nazioni la guerra prevale sulla ragione e come in tanti luoghi del pianeta i diritti sono oppressi dal tallone di dittature sanguinarie. E questo necessita di nostro impegno affinché la libertà sia riconosciuta ovunque. Per questo è straordinaria la vittoria elettorale in Birmania, dove una donna coraggiosa Aung San Suu Kyi, ha saputo guidare il suo popolo ad un successo decisivo per la democrazia e ripristinare i diritti calpestati da più di mezzo secolo di oppressione. Il nostro ricordo di oggi deve trasformarsi nella consapevolezza che battersi per questi valori della Resistenza, della Costituzione, della Repubblica, deve fare parte dell’agire quotidiano. Questo è il modo migliore per ricordare coloro che caddero quella mattina del ’44 e che, come risulta dal freddo verbale di esecuzione della pena capitale, lasciarono un’incancellabile eredità, gridando di fronte al plotone d’esecuzione: Viva l’Italia libera!”

[fonte foto e testo TorinoClick ]

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