Si è svolta anche quest’anno, presso la chiesa di San Lorenzo, in piazza Castello, la commemorazione dei militari del Regio Esercito caduti sul fronte russo durante la Seconda guerra mondiale, tra i quali numerosi piemontesi. Alla cerimonia hanno preso parte delegazioni di associazioni ex combattentistiche e d’Arma, oltre ad autorità militati e civili. Per la Città di Torino era presente la consigliera Amalia Santiangeli. L’Italia dei Savoia e di Mussolini, alleata della Germania nazista, aveva inviato contro l’Unione Sovietica un proprio corpo di spedizione che, anche per mancanza di equipaggiamento e abbigliamento adeguati al terribile inverno delle steppe russo-ucraine, venne costretto a una disastrosa ritirata fra i ghiacci, inframmezzata da aspri combattimenti con l’Armata Rossa in piena controffensiva.
I caduti e dispersi si contarono a decine di migliaia, per i combattimenti e per le tremende condizioni climatiche. Una tragica epopea, immortalata anche da libri come “Il sergente nella neveâ€, di Mario Rigoni Stern, oppure “Centomila gavette di ghiaccioâ€, di Giulio Bedeschi. Nel 1964, quelle vicende ispirarono anche un film di Giuseppe De Santis, “Italiani brava genteâ€, raro esempio di coproduzione cinematografica italo-sovietica. Anche una pellicola più “leggera†come “Il compagno Don Camilloâ€, diretta nel 1965 da Luigi Comencini su soggetto di Giovannino Guareschi, ha sullo sfondo la tragedia dei soldati italiani morti sul fronte russo. Caduti i cui resti mortali, periodicamente rinvenuti e riesumati, sono stati rimpatriati ancora in anni recenti.
“È stato veramente un grande onore ed una altrettanto grande emozione – ha commentato a margine della cerimonia la consigliera Amalia Santiangeli – presenziare in rappresentanza del Sindaco e della Città di Torino, a questo significativo momento, dove si è ricordato tutti coloro che hanno visto loro vite spegnersi nelle battaglie lungo il Don e con queste anche i sogni e le speranze dei loro genitori, mogli, figli… tutti in attesa di un ritorno.
Centomila uomini non sono tornati a casa. Solo anni dopo la caduta del muro di Berlino, i governi sono riusciti a riportare a casa alcune migliaia di corpi, e dare un nome ad alcuni. Onore ed emozione – ha concluso la consigliera – per non dimenticare tutti questi caduti, per non dimenticare il valore della pace e della
[Fonte: CittAgorà ]