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Mar 14


Una meravigliosa retrospettiva dedicata al fotografo ungherese Robert Capa, pseudonimo di Endre Ernı Friedmann, uno dei maestri della fotografia del XX secolo.
La mostra, organizzata in occasione del centenario dalla nascita, racconta il percorso umano e artistico del fotografo attraverso 97 fotografie in bianco e nero, raggruppate in undici sezioni: Leon Trotsky (1932), France (1936-1939), Spain (1936-1939), China (1938), Britain & Italy (1941- 1944), France (1944), Germany (1945), Eastern Europe (1947- 1949), Israel (1948-1950), Indochina (1954), Friends.

Palazzo Reale ospita inoltre alcune fotografie di personaggi famosi – da Picasso a Hemingway, da Matisse a Ingrid Bergman – che illustrano le grandi qualità di ritrattista di Capa, dimostrando che non può essere etichettato solo come fotografo di guerra: molte delle sue immagini infatti catturano, con sensibilità e arguzia, anche le gioie della pace. Nel 1938 Robert Capa fu definito dalla rivista inglese Picture Post “Il migliore fotoreporter di guerra nel mondo”. Anche se il suo lavoro è in molti tratti lirico e talvolta anche spiritoso – tanto da essere paragonabile a quello di altri fotografi come André Kertész o Henri Cartier-Bresson – tuttavia la forza visiva e l’incisività delle sue fotografie, oltre alla quantità dei reportage realizzati, giustificano ancora oggi questo lusinghiero giudizio. L’esperienza bellica fu al centro della sua attività: iniziò come fotoreporter durante la guerra civile spagnola (1936-39), proseguì attestando con i suoi scatti la resistenza cinese di fronte all’invasione del Giappone (1938), la seconda guerra mondiale (1941-45) – fra cui spicca la documentazione dello sbarco in Normandia – e ancora il primo conflitto Arabo-Israeliano (1948), e quello francese in Indocina (1954), durante il quale morì, ucciso da una mina antiuomo, a soli 40 anni. I suoi reportage comparirono sulle più importanti riviste internazionali, Capa infatti fu tra i primi a capire l’importanza del mezzo fotografico come arma di denuncia e testimonianza. Nella sua breve e folgorante carriera, riuscì a documentare cinque guerre, con quel suo modo di fotografare potente e toccante allo stesso tempo, senza alcuna retorica e con un’urgenza tale da spingersi a scattare a pochi metri dai campi di battaglia, fin dentro il cuore dei conflitti. Le sue immagini colpiscono ancora oggi per la loro immediatezza, l’empatia e l’umanità che riescono a comunicare: più che le battaglie, Capa racconta gli eventi bellici attraverso gli sguardi della popolazione civile, dei bambini, e di tutti i sopravvissuti che, nonostante le perdite e la distruzione, riescono, con ammirevole forza e dignità, ad andare avanti: immagini che sono entrate in maniera indelebile nell’immaginario del Novecento.

L’esposizione, realizzata col patrocinio del Comune di Torino e organizzata dalla casa editrice d’arte Silvana Editoriale in collaborazione con Magnum Photos – celebre agenzia fotografica di cui Robert Capa fu uno dei soci fondatori nel 1947 – rimarrà aperta fino al 14 luglio.

Info: www.piemonte.beniculturali.it

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Dic 05


Nella magia del Natale tutto è possibile, anche la comparsa, nelle piazze di Torino, di sculture di ghiaccio. Monumenti storici, pupazzi, alberi, simboli della città e un presepe glaciale faranno la loro apparizione per tutto il mese di dicembre all’interno del programma natalizio promosso dalla Città di Torino.
Gli scultori del ghiaccio in piazza Castello hanno presentato LO SCUDO, stemma della Città di Torino e incipit della loro produzione.
Gli artisti realizzeranno una serie di opere (uniche) negli angoli più attraenti della città. Prenderà vita un sorprendente “Sentiero delle Statue di Ghiaccio”, seguendo il quale, si scoprirà una città immaginaria fatta di luce e solida trasparenza. Il 12 dicembre si inaugurerà, in piazza Emanuele Filiberto, sopra le storiche ghiacciaie romane, uno dei simboli più celebri della città: la Mole Antonelliana riprodotta con led luminosi tricolori. Il 19 dicembre in piazza della Consolata sarà scolpito il classico Presepe di Natale. Ai cinque personaggi della Natività si aggiungerà, il 24 dicembre, la ‘statua’ del bambino.
L’ultimo intervento è previsto giovedì 27 dicembre in piazza Carlo Alberto.
Gli artisti di Harbin, città della Cina nordorientale gemellata con Torino, creeranno due muri di ghiaccio – alti circa 2,5 metri – che si trasformeranno, il 29 e 30 dicembre, in due Babbo Natale sui quali sarà inciso il nome di Torino, come sigillo finale posto a chiusura del ‘sentiero’.
Il Sentiero delle Statue di Ghiaccio è realizzato dalla Città di Torino in collaborazione con la torinese ditta Cubetto.

La collezione di Luci d’Artista 2012-13 si arricchisce di un’installazione. Nel cortile di Palazzo Reale è stata infatti inaugurata l’opera BWINDI LIGHT MASKS, progetto artistico di Richi Ferrero.
L’installazione, presentata in anteprima a Francoforte nell’ambito di Luminale 2010 e nel giugno 2011 al Jerusalem Festival of Light – in un allestimento particolarmente evocativo all’interno della caverna di Zedekiah -, dopo essere stata allestita nel centro di Eindhoven, dal 10 al 17 novembre 2012, per la settima edizione del Glow Forum of light & Architecture 2012 (Festival di arte e luce) torna a Torino in occasione della XV^ edizione di Luci d’Artista.
Quaranta maschere identiche, provenienti dal Bwindi National Park, nel cuore più remoto dell’Africa nera, sono collocate come piccoli monoliti nello spazio buio della fabbrica abbandonata, simili ad antichi reperti in terracotta in un cantiere archeologico.
Il rito prende vita quando la luce artificiale muta i cromatismi delle maschere dando vita ad una danza ferma, sostenuta dai suoni bi-vocali dei Tuva (Asia centrale), che a sua volta esegue un dipinto d’ombre. Una ritualità nuova prende forma attraverso archetipi antropologici universali: la maschera africana da sempre tramite tra l’uomo e il soprannaturale, i canti armonici tipici della tradizione sciamanica dei Tuva e la luce. L’aspetto più interessante di questo rito senza tempo sta proprio nel legame tra luce e suono, spesso presente nelle culture antiche nelle quali il senso della performance religiosa è dato dal farsi sostanza del suono, che richiama la luce divina per stabilire un contatto tra questa e l’uomo.

Come ogni sera inoltre i pompieri hanno aperto la finestra del calendario dell’Avvento creando un piccolo spettacolo per il pubblico di grandi e piccini presenti in piazza.

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Set 27


“Il teatro è sempre stato per me una forma di rivoluzione, mi da un senso di libertà creativa assoluta”, ha detto stamattina l’artista Arnaldo Pomodoro durante la presentazione della sua mostra personale dal titolo “Il teatro scolpito” che sarà ospitata, dal 28 settembre al 25 novembre a Palazzo Reale, sia nelle sale, sia nella piazzetta adiacente a piazza Castello. L’esposizione – promossa dalla Fondazione Arnaldo Pomodoro, patrocinata dal Ministero per i Beni Culturali e realizzata dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte in collaborazione con lo Studio Copernico di Milano – racconta un viaggio straordinario e unico, attraverso cui è possibile rileggere il lavoro di ricerca per la progettazione scenica svolto da Pomodoro nell’arco di un cinquantennio: dalla tragedia greca al melodramma, dal teatro contemporaneo alla musica, attraverso sculture, modellini, bozzetti e disegni, ma anche costumi e oggetti di scena. Si va dalla Caterina di Heilbronn di Kleist, sul Lago di Zurigo nel 1972 con la regia di Luca Ronconi, alla trilogia dell’Orestea di Emilio Isgrò da Eschilo sui ruderi di Gibellina messa in scena tra il 1983 e il 1985, con la regia di Filippo Crivelli– fino al dittico Cavalleria rusticana di Mascagni e Šárka di Janáček al Teatro La Fenice di Venezia nel 2009, con la regia di Ermanno Olmi. Il teatro è per lui il luogo della ricerca per eccellenza. “L’esperienza teatrale, che abbraccio con entusiasmo, mi ha aperto nuovi orizzonti, incoraggiato e persino ispirato a sperimentare nuovi approcci e nuove idee per le sculture di grandi dimensioni. Mi sembra di poter materializzare la visionarietà”. Le sue opere scenografiche possiedono una propria autonomia linguistica, resistono nel tempo e soprattutto hanno fatto intravedere all’artista nuovi sviluppi espressivi e nuovi contesti. Oltre all’impegno nell’ambito teatrale, ricordiamo gli importantissimi lavori di Arnaldo Pomodoro che adornano città come Roma, Milano, Torino, Copenaghen, Dublino (di fronte al noto Trinity College), Los Angeles, oltre a essere presente nel Cortile della Pigna dei Musei Vaticani o all’ONU. “La mia massima aspirazione è di avere come ambiente, per le mie opere, uno spazio all’aperto, la gente, le case, il verde – spiega l’artista -. Sono perciò contento che molte delle mie sculture siano collocate in importanti piazze del mondo e in luoghi significativi, come il piazzale delle Nazioni Unite a New York, il cortile della Pigna dei Musei Vaticani a Roma o ancora la sede della Casa Editrice Mondadori di Segrate, progettata da Oscar Niemeyer. Ma oggi risulta sempre più difficile collocare i lavori davanti agli edifici, infatti l’architettura stessa sembra spesso gareggiare con l’opera d’arte contemporanea”. A completare la mostra, l’allestimento alcune sculture monumentali inizialmente pensate per importanti spettacoli, negli spazi esterni del Palazzo: le quattro Forme del mito per il ciclo dell’Orestea, il Grande Portale per Oedipus Rex e l’Obelisco per La passione di Cleopatra. “Oggi si apre a Torino un’altra bellissima mostra in uno spazio meraviglioso – ha detto l’assessore alla cultura della Città, Maurizio Braccialarghe, durante l’incontro con la stampa -. Un altro anello dell’importante catena di eventi, come la mostra di Bob Wilson, quella di Degas che aprirà a metà ottobre o Artissima a novembre, il cui obiettivo è di rendere Torino una meta turistica oltre che una splendida città culturale”. L’esposizione, il cui curatore è lo stesso Arnaldo Pomodoro, è realizzata con i patrocini delle città di Torino e Milano e si inserisce nel programma di collaborazione tra i due comuni. Contemporaneamente sarà pubblicato da Feltrinelli un volume di oltre 600 pagine, curato da Antonio Calbi, con molti scritti e un grande numero di immagini che mostrano tutti i 44 progetti scenici realizzati dall’artista dal 1972 ad oggi.

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