preload
Apr 23


Questa mattina nella caserma La Marmora di via Asti 22 sono stati ricordati i partigiani fucilati nell’allora sede dell’Ufficio Investigativo della Guardia Nazionale Repubblicana. Il discorso ufficiale è stato pronunciato dall’avvocato Bruno Segre, presidente dell’Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti (A.N.P.PI.A.), presente per la Città di Torino l’Assessore Stefano Gallo.

Taggato con:
Apr 22


Questa mattina in corso Ferrucci, in occasione delle celebrazioni per il 25 aprile, negli uffici dell’assessorato allo Sport della Città di Torino, sono stati ricordati i partigiani e gli operai della Fiat caduti e deportati per aver difeso lo stabilimento nel 1945.
Dopo la deposizione della corona d’alloro l’assessore allo sport della Città, Stefano Gallo, ha sottolineato l’importanza di queste giornate di memoria perché “non si può costruire il futuro senza ricordare il passato”.
Erano presenti alla commemorazione anche Ferruccio Maruffi, presidente dell’associazione nazionale ex Deportati Politici e Raffaele Petrarulo, consigliere della Provincia di Torino.

Taggato con:
Feb 15


Venerdì 15 febbraio, 11 di mattina. Se non fossimo ai piedi delle Alpi invece che sulle rive dell’Adriatico, ascoltando le voci intorno a noi ci sembrerebbe di camminare sul lungomare di Pola o tra i vicoli di Zara. La carreggiata di corso Cincinnato è piena di gente, tanti altri si sono affollati sul giardinetto che funge da spartitraffico.
E‘ una giornata importante per i torinesi di origine istriana e dalmata, che sono venuti qui almeno in trecento: teste grigie ma anche un po’ di giovani, discendenti di quegli italiani fuggiti dai territori assegnati alla Jugoslavia all’indomani della Seconda guerra mondiale. Territori dove italiani, sloveni e croati avevano bene o male convissuto senza troppi problemi per secoli sotto il governo asburgici. Un equilibrio rotto dalla parentesi fascista, con l’”italianizzazione” forzata di quelle terre ricongiunte all’Italia dopo la sconfitta e la disgregazione dell’Austria-Ungheria, nel 1918. E poi, la Seconda guerra mondiale, la sconfitta del nazifascismo, l’assegnazione alla Jugoslavia dell’Istria, di Fiume, di Zara. Le rappresaglie sanguinose dei soldati del presidente Josip Broz, Tito, l’esodo verso l’Italia tra il ’46 e il ’51 di trecentocinquantamila persone.
Come molti esuli giuliani amano ricordare, si trattò di un dramma rimosso per decenni. Una parte dell’opinione pubblica riteneva che si trattasse di fascisti e latifondisti, in più la rottura fra Tito e l’Unione Sovietica, in tempi di Guerra Fredda, consigliava di evitare troppe tensioni con Belgrado… Alla fine, la verità storica si è fatta strada, nonostante pregiudizi, propagande incrociate e realpolitik. Ma il calvario dei profughi continua, anche se in modo meno drammatico. Infatti, questa giornata è importante perché si inaugura, in corso Cincinnato angolo via Pirano, la lapide in ricordo dell’esodo giuliano frantumata a martellate una delle scorse notti.
Un episodio non isolato, ricorda uno degli animatori dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Sergio Vatta: “Assistiamo al rinascere del negazionismo sull’esodo giuliano e sul dramma delle foibe, inteso a minimizzare quella vicenda e dandole una veste antifascista“ denuncia Vatta, aggiungendo: “Siamo invece italiani che hanno sofferto a causa del fascismo e a causa del comunismo. Occorrerebbe provvedere anche politicamente a contrastare il negazionismo, che oltretutto manca di rispetto ai 600.000 italiani caduti per le terre irredente”. Ma c’è anche altro un altro cruccio, e non da poco perché non riguarda bande di intolleranti ma le istituzioni stesse. Lo sottolinea con tono fermo ma pacato un altro esponente dell’associazionismo giuliano, Fulvio Aquilante. Spesso la burocrazia, nei suoi documenti, considera i profughi giuliani come nati all’estero, assimilandoli a cittadini extracomunitari. Ne è un esempio il codice fiscale, per il quale il cittadino italiano di origine istriana o dalmata risulta essere uno straniero. Un problema spesso legato ai software dei quali dispongono le diverse branche della Pubblica amministrazione. “Vorremmo istituire un tavolo tra noi e le Istituzioni per cercare di risolvere questo problema, che nella sua banalità riapre quotidianamente una ferita profonda in ognuno di noi”. Dopo i saluti dei rappresentanti delle istituzioni locali (per la Città di Torino, il presidente del Consiglio comunale e la presidente della V Circoscrizione) è risuonato l’Inno di Mameli: senza banda musicale, senza base registrata. Poche voci timide e quasi stonate all’inizio, divenute alla fine un coro commosso e possente.

[fonte: cittAgorà]

Taggato con: