Una mostra ricca di suggestioni, quella che la Fondazione Merz ha dedicato a Mario, il padre dell’arte povera, a cui è dedicato il museo. “Ricordo quando da bambino andavo a vedere le parate dei giorni di festa – racconta l’amico Rudi Fuchs, ideatore e curatore della personale che rimarrà allestita fino al 26 settembre – dove i membri di ciascuna casata sfilavano con i loro stemmi. Ogni volta che vedo i grandi dipinti di Mario penso a quelle cerimonie spettacolari e alla possibilità di mettere in mostra una trentina di quelle immagini-stendardo come in una rappresentazione teatrale, per restituire loro quello sventolio particolare.”
L’incanto di Pageantry of painting. Corteo della pittura, si percepisce da subito. Appena entrati in galleria si ha la sensazione di essere in “casa sua”, perché si respira un’atmosfera che riporta a tutto il suo lavoro, a una produzione che è maturata nel tempo. Le opere in mostra, realizzate tra la metà degli anni Settanta e la fine degli anni Ottanta, provengono sia da importanti musei europei sia da collezioni private e in alcuni casi non esposte al pubblico da molti anni. “La pittura è alla base del suo lavoro – ha spiegato stamattina Fuchs – Mario è sempre stato eccitato dai colori forti come un bambino dalle bambole”. Esposte, sui muri bianchi della Fondazione, una ventina di grandi pitture selezionate dallo storico dell’arte olandese – direttore del Castello di Rivoli dal 1984 al 1990 – con l’assistenza di Cristina Mundici. Si tratta in buona parte di soggetti animali, per lo più fantastici, dalle forme arcaiche, come il rinoceronte o l’elefante, il coccodrillo, la rana e i mufloni, un teatro delle meraviglie.
“Una volta vidi Mario Merz mentre creava alcuni dei grandi dipinti inclusi in questa mostra – ha raccontato ancora Fuchs al pubblico intento ad ascoltare i suoi ricordi.- Procedeva con un pennello zuppo di colore e qualche bomboletta di vernice su tele non intelaiate, leggere e sottili come lenzuola. Più che dipingere sembrava disegnare: linee allungate, curve, ondivaghe, che prendevano la forma di una qualche figura. Erano sagome ben delineate, potenti nel colore e nel disegno. Erano forme araldiche”.
Mario Merz era innanzitutto un fan di Jackson Pollock, che aveva portato in pittura la misura dell’infinito. Partendo dagli spunti provenienti dalla natura i segni pittorici dl Merz tendono a dilatarsi sulla tela, ad acquisire una loro propria dignità organica.
Gli strati di colore materico riversati sul quadro diventano essi stessi una seconda natura. L’allestimento è accompagnato – su scelta dei curatori – da poesie inglesi scritte sui muri. “A fare la pittura – ha spiegato Fuchs – non è la filosofia, ma la poesia, soprattutto quella inglese perché è la lingua con il vocabolario più ricco”. Tra i lavori in mostra anche due igloo dipinti, Casa del giardiniere e Igloo (Tenda di Gheddafi) e il video Lumaca di Gerry Schum.
LC
www.torinoclick.it 12 maggio