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Mag 09


E’ stata celebrata oggi pomeriggio nella Sala Rossa di Palazzo Civico la giornata dedicata alle Vittime del terrorismo e della stagione dello stragismo e il 35° anniversario dell’assassinio di Aldo Moro. Hanno contribuito a tratteggiare la figura dello statista Cesare Varetto, rappresentante del direttivo dell’Associazione italiana vittime del terrorismo e dell’eversione contro l’ordinamento costituzionale dello Stato e l’onorevole Guido Bodrato. Il 16 marzo 1978, le Brigate Rosse tesero ad Aldo Moro un agguato in via Fani, poco lontano dalla sua abitazione, nel corso del quale furono uccisi due carabinieri e tre poliziotti della scorta. Moro fu rapito e il suo corpo fu ritrovato 55 giorni più tardi, proprio il 9 maggio, in via Caetani, nel pieno centro storico della capitale, all’interno del portabagagli di quella Renault 4 rossa, destinata a divenire tristemente famosa. Aveva 61 anni quando la furia cieca dei brigatisti mossa da una rabbia incontenibile e ingiustificabile, al termine di una lunga segregazione ne ha decretato la morte.
“Sono trascorsi 35 anni da quelle drammatiche giornate, segnando uno spartiacque nella storia dell’Italia democratica – ha esordito il sindaco Piero Fassino -. Una delle eredità lasciate da Aldo Moro è stata la necessità di costruire sintesi, favorire l’incontro, modernizzare il Paese. Sentiva impellente la necessità di unire le forze popolare per dare un nuovo corso alla conduzione del Paese. La sua è stata una lezione di straordinaria laicità”. Il suo resta un pensiero attuale, ha spiegato Fassino, pronunciando un discorso accorato, nel corso del quale ha ricostruito le tappe fondamentali di quel percorso che vedeva le due maggiori forze politiche, Dc e Pci impegnate a pensare alla elaborazione di un pensiero che potesse dare all’Italia stabilità politica.
Moro fu un innovatore attento, serio, mai retorico. Seppe trovare un punto di equilibrio tra il suo essere uomo di fede e politico di primo piano nelle istituzioni.
Quello che la politica dovrebbe recuperare da Moro è la capacità costruire il futuro: aveva intuito che c’era bisogno di una nuova integrazione, e la sua resta una lezione di metodo:
“Ripensare a quel periodo oscuro che ha coinvolto così gravemente il nostro Paese vuol dire anche riconoscere che non fu così facile reagire collettivamente alle prime intimidazioni, ai primi attentati – ha sottolineato il sindaco-. Riflettere sugli anni di piombo, come in questa occasione, ci permette di rendere onore alle vittime e trasmettere alle nuove generazioni la testimonianza di quella stagione drammatica”.

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Feb 13


La Città ha reso omaggio, questa mattina, alle 64 vittime dell’incendio del cinema Statuto, nel trentesimo anniversario della tragedia.
Lo ha fatto con la deposizione di corone al cimitero Monumentale e al cimitero Parco e con la commemorazione in Sala Rossa, a Palazzo civico.

Il presidente del Consiglio comunale, introducendo la cerimonia, ha sottolineato “come oltre alle legislazioni nazionali che devono essere sempre più intransigenti ed attente su tali tematiche, sia necessario sviluppare insieme una coscienza collettiva, una reale cultura della sicurezza e della prevenzione, che accompagni sempre la vita quotidiana ed i gesti di ciascuno di noi”.

Quindi è stata la volta delle testimonianze di chi, a vario titolo, ha vissuto la tragedia.
A partire da Diego Novelli, sindaco all’epoca della sciagura. Ha ricordato quella serata tra corpi esanimi, parenti in preda all’angoscia per la sorte dei loro congiunti, soccorritori alle prese con un bilancio sempre più drammatico, che avrebbe acquisito la sua dimensione definitiva con la scoperta della strage avvenuta nei locali adibiti a servizi, in galleria. Il presidente della Repubblica, Sandro Pertini, accorse subito a Torino – ha rammentato Novelli, – e seppe esprimere allora il cordoglio di tutti gli italiani per quei 64 morti innocenti.

Cosimo Pulito, ex comandante dei Vigili del Fuoco di Torino, all’epoca funzionario del Corpo, è intervenuto rievocando come il fatto di non essere riusciti a salvare nessuno, pur con un rapido e massiccio intervento, resti un ricordo pesante per i soccorritori. A partire dalla tragedia di via Cibrario, la normativa di sicurezza per i locali pubblici e nei luoghi di lavoro si è evoluta: ma pensando anche a tragedie come quella della Thyssenkrupp, ha concluso Pulito, va sottolineato come la sicurezza sia connessa al rispetto del lavoro, se quest’ultimo perde la sua dignità allora anche la scurezza non esiste più.

Il procuratore Giancarlo Caselli ha ricordato quella relativa all’incendio dello “Statuto” come una delle più difficili da lui condotte, svoltasi in gran parte proprio in quegli stessi locali devastati, tra imputati, testimoni, periti e simulazioni dell’incendio a fini giudiziari. Ne emersero, ha sottolineato, gravi violazioni delle norme relative ai materiali, alle uscite di sicurezza e alle vie di fuga interne, oltre all’inadeguatezza dei controlli effettuati. Caselli ha poi ricordato come, dopo 8 anni e tre gradi di giudizio, il processo si sia concluso, nel 1991, con la prescrizione dei reati: a questo proposito, il procuratore ha stigmatizzato come la frequenza delle prescrizioni sia uno scandalo, un’anomalia rispetto agli altri Paesi occidentali. Caselli ha quindi sostenuto come sia necessario riformare la prescrizione, che solo nel nostro ordinamento non viene mai interrotta, neppure dopo i primi gradi di giudizio. Una riforma a costo zero, ha affermato, che sarebbe un modo per onorare anche la memoria delle vittime dello “Statuto”.

Sergio Cabodi, presidente del Comitato costituito dai familiari delle vittime, ha ricordato altre tragedie, da quella del traghetto Moby Prince alla più recente strage in una discoteca brasiliana. Cabodi ha quindi voluto rinnovare, a distanza di tanti anni, il ringraziamento rivolto ai soccorritori, a giudici e avvocati, giornalisti e istituzioni, a partire da Città di Torino, Regione Piemonte e IV Circoscrizione

La cerimonia si è conclusa con l’intervento del sindaco che ha sottolineato come la vicenda dello Statuto abbia rappresentato uno spartiacque nel nostro Paese che fino ad allora non aveva una cultura della sicurezza dei locali pubblici. “Il cinema Statuto, ha detto il primo cittadino, è stato il simbolo di assenza di cultura, dell’irresponsabilità con cui una società aveva trascurato norme e controlli per dare sicurezza ai cittadini”.
“Il ricordo, ha aggiunto, è quindi doveroso perché la nostra comunità non torni a conoscere orrori come quelli di allora. La sicurezza resta una priorità non subordinabile ad alcuna ragione. E’ necessaria un’attenzione quotidiana e costante, consapevoli del fatto che non c’è futuro senza memoria”.
Alle 18, al santuario della Consolata, è prevista una messa in ricordo delle vittime. Alle 20.30, al cinema Massimo, in via Verdi 18, proiezione del documentario “Sale per la capra” e presentazione del libro Statuto – La memoria perduta.

[fonte: Comunicati stampa Città di Torino]

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