preload
Dic 21


Nella Sala Rossa di Palazzo Civico, si è svolta la tradizionale conferenza stampa di fine anno del Consiglio comunale. A fare gli onori di casa ai giornalisti e giornaliste presenti, così come agli altri ospiti, sono stati i componenti dell’Ufficio di Presidenza: il presidente Fabio Versaci, il vicepresidente vicario Enzo Lavolta e la vicepresidente Serena Imbesi. Versaci ha aperto la conferenza stampa con i ringraziamenti di rito, a partire da quello rivolto ai suoi colleghi dell’Ufficio di Presidenza e a tutti i capigruppo sino agli uffici che supportano le attività consiliari. Il presidente ha quindi ricordato come il nuovo Consiglio comunale abbia riconfermato le Commissioni speciali (Smart City, Legalità e Servizi Pubblici) che erano state avviate nel mandato amministrativo precedente, ricordando tra le varie attività del Consiglio la seduta aperta sulla sicurezza stradale. Infine, Versaci ha rivolto un saluto all’Associazione Consiliari Emeriti e ricordato la riapertura al pubblico del rifugio antiaereo sotto Palazzo Civico, risalente agli anni della Seconda Guerra mondiale.
Lavolta ha quindi preso la parola ricordando come il 2016 abbia visto una lunga scia di sangue in seguito ad atti terroristici, a fronte dei quali la Città, con i sindaci Fassino e poi Appendino, ha saputo reagire con solidarietà e fermezza. Sul tema della continuità o discontinuità amministrativa, Lavolta ha ricordato come il mandato amministrativo precedente alle elezioni di giugno abbia lasciato in eredità atti importanti.
Auspicando confronto dialettico e utile per la città, Lavolta ha poi sottolineato come, in questi mesi, le forze di opposizione abbiano dato prova di maturità e di spirito costruttivo. Il vicario ha quindi invitato a contenere i toni nell’ambito del dibattito consiliare, con attenzione a non rovinare i rapporti istituzionali.
Infine, la vicepresidente Imbesi ha ricordato più di tre quarti degli attuali 40 consiglieri comunali siano alla prima esperienza in Sala Rossa, riepilogando alcuni temi sui quali si sono soffermate le diverse Commissioni consiliari. La vicepresidente ha anche auspicato un ulteriore rafforzamento di cittAgorà e delle sue piattaforme social quali strumento di informazione sulle attività consiliari.

[Fonte: CittAgorà]

Taggato con:
Giu 30


Si è tenuta oggi la Cerimonia di insediamento del nuovo Consiglio comunale e della nuova sindaca di Torino, Chiara Appendino. In Sala Rossa, gremita non soltanto di vecchi e nuovi consiglieri, ma anche di autorità e rappresentanti delle principali istituzioni della Città, Alessandra Salvadori, presidente della Commissione elettorale del Tribunale ha ufficialmente proclamato gli eletti e avviato la Consiliatura 2016-2021.

Pubblichiamo integralmente il testo del discorso che Chiara Appendino ha rivolto ai presenti e a tutti i cittadini torinesi durante la cerimonia.

Signore e Signori
Consiglieri,
Vorrei anzitutto ringraziare gli uffici del Tribunale, tutte le autorità civili e militari presenti, le istituzioni locali e gli Uffici Comunali.
Prima di iniziare mi preme ricordare le vittime dell’attentato di Istanbul di pochi giorni fa: troppe volte in questo Consiglio ci è capitato di affrontare questi tristi momenti che sono purtroppo sempre più frequenti. La violenza non è mai giustificabile e non può essere tollerata in nessuna forma.
Ciascuno di noi è stato scelto dai torinesi per sedere in quest’aula e rappresentare la nostra amata Torino, custodendo, governando e migliorando l’eredità di coloro che ci hanno preceduto.
Non sono di rito i ringraziamenti agli amministratori che hanno ricoperto i ruoli e gli incarichi che ora sono affidati per i prossimi cinque anni a noi. Nella figura del mio predecessore, Piero Fassino, desidero riassumere un sentito grazie a ciascuno.
Questo è il luogo del confronto e dell’incontro; questo è il luogo nel quale dialogheremo, portando nei dibattiti che ci saranno la nostra passione e le nostre idee e, insieme, decideremo per il bene di Torino. Il monito inscritto nella tela del soffitto di quest’aula ci ricorda che nessuno è detentore della verità assoluta, ma solo nel consiglio, inteso come metodo costante di confronto, si può ambire alla vera sapienza.
Viviamo un momento storico di forti tensioni sociali e politiche, assistendo ad un aumento della distanza tra governanti e governati, ma anche tra popoli che pensavamo ormai uniti. Quell’Unione Europea, che avrebbe dovuto essere un ponte tra differenti anime, per costituire un modello di unità nella diversità si interroga ora, a pochi giorni dal referendum del Regno Unito, su quale sia il proprio destino e quali le risposte rimaste inevase. Il trionfo delle democrazie occidentali al quale abbiamo assistito dopo la seconda guerra mondiale e, ancora di più, dopo il crollo dei regimi socialisti dell’89, sembra ora arenato, messo nell’incapacità di arginare crescenti estremismi ed una insofferenza fatta ormai cifra dell’azione politica.
Occorre una nuova concezione della Politica, come più volte ho affermato in questi mesi, nella quale le componenti del servizio, della partecipazione e dell’ascolto siano i pilastri di un rinnovato edificio sociale. Ciascuno di noi non può, infatti, considerarsi privo di responsabilità per ciò che accade anche a migliaia di chilometri di distanza dalla città nella quale viviamo. In un mondo globalizzato le idee e gli esempi viaggiano così veloci da diventare quasi istantaneamente motori del cambiamento, tanto positivo quanto negativo.
Noi tutti siamo chiamati a diventare Persone, uniche nella propria identità, responsabili nei confronti del Prossimo e attivi operatori di una solidarietà che prescinda dalle paure ataviche, iscritte nella millenaria storia della nostra evoluzione biologica. Sappiamo bene, infatti, che il mantenimento delle norme che ci siamo dati per garantire la convivenza civile è necessario e tutti coloro che partecipano al patto sociale sono portatori di diritti e soggetti ai doveri. Ma sappiamo anche che solo in una società armoniosa e strutturalmente solidale si può avere una reale sicurezza.
Le risorse naturali, sebbene finite, sono in grado di accogliere la vita di ogni essere vivente, consentendo loro nel breve spazio della propria esistenza di contribuire in modo unico ed irripetibile alla storia.
Tutto ciò non è però possibile se si costruiscono muri di diffidenza e di paura, si abbattono ponti costruiti con difficoltà in tanti anni di lavoro e, soprattutto, si tradisce la fiducia che era stata riposta nell’Altro.
Come amministratori di una Città noi abbiamo il dovere di ripartire proprio dalla fiducia che i torinesi hanno avuto in noi e, con un lavoro che sarà collegiale con ciascuno di voi che sederà in quest’aula, al di la delle parti politiche, dimostrare che il Prossimo non è nostro nemico, che non siamo in pericolo se usciamo da noi stessi per andare ad incontrarlo. “Nessun uomo è un’isola”, scriveva John Donne e ora, in questo dilagare di egoismo e particolarismo, queste parole devono risuonare come un forte monito a ricordare la nostra profonda natura umana.
Siamo ripartiti dalle periferie di Torino e abbiamo annunciato che entro il mese di Ottobre presenteremo un protocollo per il rilancio e la riqualificazione di tutti i quartieri della nostra Città. E’ più complesso invece ripartire dalle periferie esistenziali, quelle nelle quali ciascuno di noi può scivolare o si può rifugiare nei momenti di smarrimento. Il nostro dovere di Amministratori sarà rimettere al centro ogni torinese, in particolare i più fragili, per far sentir loro che la Città, la loro Città, gli è vicino. Non abbiamo l’illusione di poter cambiare la realtà con un delibera, di risolvere una volta per sempre la povertà oppure la solitudine, ma abbiamo il dovere di dedicare ogni nostra energia affinché ciascuno si senta parte di questa Comunità Urbana.
È indispensabile coinvolgere in questo grande progetto tutte le istituzioni, quelle locali come le circoscrizioni, la Città Metropolitana e la Regione, e quelle nazionali ed Europee, l’Università e il Politecnico, ma anche tutti i soggetti della società torinese, come le realtà religiose, in primo luogo l’Arcidiocesi, ma anche le comunità Islamiche, le Chiese Ortodosse e i credenti di ogni fede. Le associazioni, di qualsivoglia tipologia, rappresentano inoltre i corpi intermedi che rendono una Città viva e dialogante, mediando le istanze e svolgendo un indispensabile ruolo di rappresentanza.
Le imprese, dalle micro alle grandi, passando per le medie e gli artigiani, che sono chiamate ad affrontare la sfida delle nuove tecnologie e dell’innovazione, costituiscono la struttura portante della nostra comunità urbana e Torino, ne siamo certi, dovrà rafforzare e proseguire la propria grande tradizione produttiva e manifatturiera che qui in più di un secolo ha messo solide radici.
La Città si offre come partner istituzionale per tutti coloro che favoriranno l’insediamento di imprese provenienti da paesi Europei o extra europei. La sfida sarà, infatti, fare sistema per rendere il nostro territorio più attrattivo ed ognuno dovrà contribuire per questo comune obiettivo.
Le città sono, inoltre, ormai fabbriche del sapere organizzato, nelle quali ogni parte concorre, come in un mosaico disegnato con cura, a dare supporto e energia a tutti coloro che interagiscono in modo armonioso. Torino ha anche un immenso patrimonio di cultura e di creatività, che abbiamo ereditato e che è dovere per tutti coloro che amano la nostra Città rafforzare e promuovere.
Il ridisegno del welfare, al quale cercheremo di dedicare ogni risorsa che riusciremo a reperire riorganizzando la struttura amministrativa della Città, dovrà ripartire proprio dalle persone, mettendo al centro i loro bisogni e cercando di dare a ciascuno la possibilità di realizzare i propri progetti e i propri sogni. Coloro che lavorano per la Città devono essere orgogliosi di ciò che ogni giorno fanno ed essere messi nelle condizioni di dare a tutti noi una Torino più efficiente e semplice.
Una delle prime delibere che questo Consiglio dovrà esaminare sarà, come di prassi, la delibera quadro sull’organizzazione degli Uffici. In quel testo si troverà chiaramente esposto il nostro progetto di tagliare almeno del 30% i costi degli staff della Giunta e dei Dirigenti fiduciari. Mi auguro che ci possa essere da parte di ogni consigliere comunale una piena partecipazione a questa scelta. Come abbiamo detto nei mesi passati queste risorse saranno immediatamente usate per un fondo per aiutare i giovani ad entrare nel mondo del lavoro. Non si tratta della soluzione di questo grande problema per la nostra città, ma di un segnale: nessuno di noi è insensibile alla tristezza e alla rassegnazione che si legge negli occhi di un giovane che non studia e non lavora, un pezzo di futuro abbandonato.
Avremo modo nelle prossime sedute del Consiglio di dibattere le linee di mandato per il governo di Torino fino al 2021, auspico che quello sia il primo banco di prova per inaugurare una stagione di dialogo franco e di confronto nell’interesse unico ed esclusivo di Torino.
Nel passati cinque anni ero seduta nei banchi dell’opposizione poco sotto il quadro che raffigura Gianfrancesco Bellezia, grande sindaco di Torino dell’inizio del XVII secolo. Durante la pestilenza del 1630, a soli 28 anni, sentì su di sé la responsabilità di una città e rimase a Torino, a rischio della propria stessa vita, per coordinare quel poco di struttura sanitaria che in quell’epoca esisteva e soprattutto dimostrare che le Istituzioni sono più grandi della nostra natura umana. A quel modello di servizio cercherò di ispirare il mio mandato, garantendovi fin d’ora che ogni mia energia sarà spesa per Torino.
Abbiamo, tutti insieme, l’occasione di cambiare la Storia. Adriano Olivetti scriveva “Il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità, o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande.”
A tutti noi un augurio di buon lavoro. Grazie.

Chiara Appendino, Sindaca di Torino

[fonte: TorinoClick]

Taggato con:
Ott 29



Arrivata a Palazzo Civico verso mezzogiorno, dopo una colazione istituzionale in Sala Colonne, Aung San Suu Kyi, premio nobel per la Pace nel 1991 e cittadina onoraria torinese, nel pomeriggio è stata accolta in Sala Rossa in una seduta solenne del Consiglio Comunale, alla presenza di numerose autorità civili e militari e dei Gonfaloni della Città di Torino, della Provincia di Torino e della Regione Piemonte.

Il Consiglio comunale di Torino le aveva conferito la cittadinanza onoraria, con una mozione approvata il 14 giugno 2010, per l’impegno politico in Birmania volto all’affermazione dei principi di democrazia, pace e tutela dei diritti umani e al perseguimento di un governo basato sulle virtù di verità, giustizia e gentilezza.

Ha aperto la cerimonia il presidente del Consiglio comunale Giovanni Maria Ferraris, che ha ricordato l’operato di Aung San Suu Kyi e il suo ruolo da protagonista nella lunga e pacifica battaglia per la democrazia nel suo Paese: la Birmania. Ha quindi elogiato “la sua forza e la sua convinzione che l’hanno aiutata a resistere alle ingiustizie e alle privazioni, soprattutto quelle affettive, sorretta dall’incrollabile fede nei propri ideali ispirati alla dottrina gandhiana della non violenza”.
“Torino – ha concluso Ferraris – apprezza il suo impegno politico volto all’affermazione delle idee di democrazia, pace e rispetto dei diritti umani. Ha dimostrato che un gruppo di opposizione può diventare il catalizzatore di un cambiamento virtuoso, creando le condizioni perché un potere autoritario accetti di negoziare progressive concessioni. Averla come concittadina è un onore per ciascuno di noi. Come cantano gli U2: Walk on, Suu! Vai avanti, Suu! Siamo tutti con te”.

È poi intervenuta la consigliera Domenica Genisio, presidente della Commissione Diritti e Pari Opportunità: “È con grande emozione e gioia che accogliamo nella nostra città San Suu Kyi, una donna che incarna la democrazia del suo Paese. Una donna che propugna l’impegno per un Governo fondato sulle virtù di verità, giustizia e gentilezza, che non subordina i diritti alla crescita economica fine a se stessa.
Nell’operare della Commissione Diritti e Pari Opportunità della Città di Torino ci siamo sempre ispirati ai principi di eguaglianza, rispetto del diritto e lotta all’omofobia promossi dal premio Nobel per la Pace. Lei ha chiesto alle democrazie occidentali di aiutarla a portare la democrazia nel suo Paese e noi dobbiamo ringraziarla perché con il suo impegno ci sta aiutando a rafforzare il nostro impegno di cittadini e amministratori pubblici per la nostra comunità.
Torino è considerata la città dei diritti e la città delle bambine e dei bambini e si impegna per le nuove generazioni, affinché non debbano sempre condannare il passato, ma guardare con sempre più fiducia al futuro. Come ha detto San Suu Kyi in occasione della consegna del premio Nobel per la Pace nel 1991, dobbiamo ricordarci che l’umanità è sempre una sola”.

Ha quindi preso la parola il sindaco Piero Fassino: “È con vera emozione che le porgo il benvenuto della Città. La mia emozione è tanto più grande perché per quattro anni, dal 2007 al 2011, ho ricoperto il ruolo di Inviato speciale dell’Unione Europea per la Birmania. Anni duri nei quali la sua tenace e coraggiosa resistenza al regime militare è stato un punto di riferimento costante per la mia azione, come per tutti coloro che nel mondo intero le hanno espresso solidarietà e vicinanza.
Lei, infatti, è divenuto simbolo della lotta per i diritti, per la democrazia, per la libertà. E la sua scelta di condurre questa battaglia con la non violenza ha accresciuto ancora di più l’ammirazione del mondo intero. Il conferimento del Premio Nobel per la pace ha assunto così il valore di un riconoscimento morale e politico.
Oggi la accogliamo qui nel Consiglio Comunale di Torino, di questa città che nel 2010 le ha conferito la cittadinanza onoraria e dove nel corso dell’800 trovarono asilo e rifugio coloro che si battevano in tutta Europa per l’indipendenza della loro nazione. E nel ’900 Torino è stata una delle città che più ha lottato contro il fascismo, per la riconquista della libertà.
Abbiamo voluto che fosse una nostra concittadina per manifestarle la nostra solidarietà, per esserle vicini nella sofferenza, per sostenerla nella sua lotta per la libertà.
E ricordo con emozione il nostro incontro, un anno fa, quando le consegnai il diploma di cittadina onoraria di Torino proprio in quella casa di Rangoon in cui il regime l’ha costretta per anni a un ingiusto e duro isolamento.
Dal giorno della sua liberazione, nel novembre di tre anni fa, molte cose stanno cambiando in Birmania. Grazie alla sua lotta, si è aperta una transizione democratica con la formazione di un Governo civile e un Parlamento che – anche se eletto con una legge elettorale censurata dalla comunità internazionale – sta assumendo gradualmente un profilo autonomo.
Nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile senza il suo coraggio, la sua tenacia, la sua passione.
Certo, abbiamo consapevolezza che la battaglia per la democrazia in Birmania ha ancora molto cammino davanti a sé.

Anche oggi l’impegno della comunità internazionale è necessario per difendere la transizione democratica. Vanno in questa direzione atti concreti come la decisione di Stati Uniti e Unione Europea di sospendere le sanzioni, le visite di ministri di molti Stati e la scelta di conferire a Myanmar la Presidenza di turno 2014.
Anche oggi il nostro Paese deve fare la propria parte. E confermo l’impegno della Città di Torino nel sostenere in modo concreto ogni azione utile a promuovere democratic institution building, cooperazione sociale, sviluppo economico, scambi culturali con la Birmania e le sue città. E proprio per dare corso a questo impegno sarò a fine novembre in visita in Birmania.
Sappia che Torino è e sarà al suo fianco e ogni suo impegno sarà anche il nostro impegno.Può contare su di noi, sulla nostra amicizia, sulla nostra solidarietà”.

Infine, è intervenuta Aung San Suu Kyi: “È un grande onore essere accolta come cittadina di Torino perchè condividiamo tutti uno spirito di generosità e lo sforzo nella lotta contro le ingiustizie e per promuovere i valori in cui crediamo.
Sono ormai trent’anni che il mio partito lotta per la democrazia e la libertà nel Paese, ma l’obiettivo non è ancora raggiunto.
La non violenza rimane però l’unico modo per lottare contro valori negativi. Non è con l’odio che si raggiunge il successo, ma comprendendo le differenze e cercando la condivisione dei valori. Civiltà italiana e civiltà birmana sono profondamente diverse, ma ci sono legami inaspettati: mi ricordo di un monaco che veniva da Torino e che sarebbe contento oggi di sapermi cittadina torinese.
Dobbiamo continuare insieme a promuovere lo spirito di amicizia, per il bene di tutto il mondo. Dobbiamo parlare dei diritti umani, dei diritti che fanno la dignità dell’uomo. Il mio popolo vuole solo vivere in un Paese libero dove poter condurre una vita dignitosa, basata sull’uguaglianza, non materiale, ma in termini di valori umani.
Bisogna accettare e condividere le differenze. La democrazia non è perfetta, ma è quanto di meglio può raggiungere la natura umana e può fare la differenza, promuovendo il dialogo e il compromesso. Democrazia però non significa solo diritti, ma anche responsabilità. E dobbiamo ancora impegnarci, anche con l’aiuto internazionale, per migliorare la Costituzione, per una maggiore democrazia.
Dobbiamo avere saggezza e compassione – come dicono i buddisti – per promuovere una società più forte, progredita e pacifica. Ringrazio la Città di Torino e tutta l’Italia per avermi fatto capire che questi valori superano le frontiere nazionali. Ci avete aiutato moltissimo e sono orgogliosa dell’onorificenza, non soltanto per il nostro popolo, ma per tutto il mondo”.

La cerimonia si è poi conclusa con la consegna della targa e della pergamena della Città ad Aung San Suu Kyi da parte del sindaco Fassino e del presidente Ferraris e con la firma del Libro d’Oro dei cittadini onorari torinesi.

[fonte CittAgora]

Taggato con: